La biodinamica, in viticoltura, si impone sempre più su tutto il pianeta. Ma questa evoluzione, che in taluni casi diventa quasi una scelta commerciale, in realtà non avviene per scelta filosofica né per spirito ecologico. Avviene invece perché permette di produrre vini più originali, più rappresentativi del luogo dove la vite è cresciuta, consentendo di affrancarsi da una enologia che negli ultimi due o tre decenni ha dovuto, per mascherare tutti gli effetti secondari dell’agricoltura cosiddetta convenzionale, porre in atto artifici che ben possono considerarsi come offese allo spirito delle Denominazioni Controllate.
“La vigna, il vino e la biodinamica” Nicolas Joly, Slow Food Editore, 2016.
Il nostro scopo è produrre vini nel modo più naturale possibile, dove per naturale si intende non adulterato, libero di esprimersi, accompagnato nel processo alchemico che vede l’uva trasformarsi in vino, senza pregiudizi ma nel rispetto di ciò che il territorio e l’annata imprimono in esso.
Fermo restando che il vino naturale, letteralmente parlando, non esiste, ho provato a chiedermi dov’è che verrebbe persa questa naturalità… e la risposta è stata: in vigna e in cantina.
La vigna
Ho quindi deciso di coltivare seguendo i principi della biodinamica.
Una filosofia di gestione della campagna che si traduce semplicemente nella forma di agricoltura più naturale possibile ed in un prodotto di grande qualità che è vera espressione della terra da cui prende vita.
La biodinamica è parte di un sistema filosofico complesso elaborato da Rudolf Steiner che, come i sistemi filosofici classici, cerca di porre un principio universale come chiave di lettura e interpretazione del mondo, sia fisico che spirituale. Dal pensiero di Steiner sono nati infatti vari approcci a discipline come la pedagogia, la medicina e l’agricoltura.
Già nel 1924, data di nascita della biodinamica, ci si interrogava sugli effetti dei prodotti chimici e si registrava una degenerazione delle colture causata dalle nuove tecniche di selezione e di intensivizzazione dell’agricoltura.
Da qui nacque una serie di riflessioni e di principi che vedono la naturale fertilità del suolo, data dall’humus, come elemento centrale e obiettivo da raggiungere per produrre piante e animali che non solo siano sani, ma capaci di “dialogare” con efficienza con il proprio ambiente; produrre alimenti che rafforzino il metabolismo umano in modo tale che lo sviluppo fisico e spirituale dell’uomo avvenga in modo armonico e sano.
Nella pratica, non usiamo prodotti chimici di sintesi, utilizziamo i preparati biodinamici come il cornoletame, seguiamo pratiche come il sovescio, per fertilizzare il suolo e per attirare gli insetti utili, e in modo da riprodurre il più possibile un ecosistema in equilibrio. Non pratichiamo strani rituali, talvolta imprechiamo, seguiamo per quanto possibile il calendario biodinamico dei lavori.